domenica 23 maggio 2010

ANZIANI AD AGROPOLI

ANZIANI AD AGROPOLI
COME E’ CAMBIATA LA TERZA ETA’ NEL 900


Quel fenomeno che si è verificato nelle grandi città italiane e dei paesi cosiddetti “industrializzati” e quindi più civili (sic!) del mondo, trova applicazione anche nei paesi più piccoli, naturalmente evoluti, di tutta quanta l’Italia. Ve la ricordate la canzone di Modugno che diceva:”…Il vecchietto, il vecchietto, dove lo metto, dove lo metto, non si sa…” che faceva tanto sorridere, ma poi, a rifletterci meglio faceva piangere? Il problema della sistemazione delle persone della terza età, ha subito, nel secolo scorso, enormi cambiamenti. Alcuni positivi ed altri negativi. Agli inizi del 900, specialmente nelle nostre contrade, ci troviamo di fronte ad una civiltà contadina che sapeva apprezzare i valori della terza età e trovava anche collocazione ed occupazione, in casa, degli anziani nonnetti. Il tempo libero, nella casa di campagna nella prima metà del secolo scorso era molto, specialmente durante l’inverno e specialmente quando pioveva. Nei campi non si poteva andare a lavorare e tutta la famiglia era costretta a restare in casa per intere giornate. Ma la casa di campagna di allora, era una vera e propria officina che trasformava il tempo libero in occasioni di lavoro. Davanti al “focone” sedeva la nonna che cucinava, occupando molto tempo della mattinata, perché allora non esistevano ancora i surgelati ed i quattro salti in padella, il nonno che faceva qualche lavoretto leggero, come la manutenzione degli attrezzi, la costruzione di qualche mobiletto in legno lavorato e scolpito finemente, la nonna che lavorava ai ferri o all’uncinetto per preparare il corredo della nipotina anche se aveva ancora pochi anni ( per preparare un corredo ci volevano una diecina d’anni!) ella, orgogliosa, già immaginava il fatidico giorno quando la nipotina avrebbe sposato un bel giovane della cascina affianco che sovente veniva individuato con molto anticipo (anche quindici o venti anni prima). I bambini, naturalmente giocavano o sedevano davanti al focone ad ascoltare i racconti dei nonni (sempre gli stessi!), antiche favole tramandate da generazione in generazione, fatti di vita vissuta, storie ascoltate nella chiesetta di campagna dal prete che veniva dal paese vicino,avvenimenti della guerra 15-18, per chi l’aveva fatta. Ed il babbo, cosa faceva? Lui ne aveva di lavoro da fare. Bisognava dare da mangiare alle galline, all’asino o al cavallo, alle pecore ed alle capre, alle mucche ed al maiale che doveva essere ammazzato prima della ricorrenza del Natale durante una grande festa ed una grandissima abbuffata con molto vino. Naturalmente in questi lavori collaborava anche la moglie ed i figli giovinetti che erano spesso anche delegati a mungere le capre, le pecore e le mucche. Insomma nella casa di campagna il tempo libero era molto, ma lo si occupava nel migliore dei modi. Tenete conto che allora non esisteva la radio, la televisione ed internet e…nemmeno il telefonino. I nonni, inoltre, venivano rispettati, amati ed erano un poco considerati i capi della casa, i saggi consiglieri in particolare modo dei giovani. Nella seconda metà del 900 ci fu la seconda guerra mondiale che sconvolse le nostre contrade, ma subito dopo ci fu la ripresa economica e quindi molti aspetti dell’antica Civiltà Contadina del Cilento, scomparvero definitivamente. Questo anche grazie allo sviluppo turistico subito dalle zone costiere del Cilento. Con l’evoluzione dei tempi anche la vita nella casa di campagna è cambiata. Il nonno non è più il capo della casa, il saggio, e molto spesso la coppia moderna si disfa del povero nonnetto che non trova più utilizzo in casa. Anche da noi sorgono gli “ospizi” o più discretamente chiamati “Case di riposo” ed infine ancora più delicatamente “Alberghi per anziani”. Insomma l’anziano, come è successo nelle grandi città del nord Italia attorno agli anni ’60-70, anche da noi viene emarginato. Nel Cilento sorgono molti di questi alberghi per anziani, naturalmente con condizioni diverse da quelli del secolo scorso quando si chiamava ancora “ospizio dei poveri”, proprio perché allora solo i poveri vecchi venivano relegati in queste strutture a dir poco fatiscenti. Come alternativa a queste strutture esiste la cosiddetta “badante”. Una donna immigrata, quasi sempre dai paesi dell’est, che, con una cifra inferiore ai cinquecento euro al mese, accudisce gli anziani bisognosi. Ma per combattere l’emarginazione di queste persone, che pur hanno lavorato e dato molto alla famiglia ed alla società, sono sorti negli ultimi decenni, centri ed associazioni di volontariato, spontanee o istituzionali, nel quale confluiscono nel tempo libero gli anziani che hanno la possibilità di passare il tempo assieme agli altri anziani tra una scopa ed un tressette, un programma televisivo visto in compagnia con gli altri ospiti della struttura, quasi sempre coetanei, una gita sovvenzionata dal comune, un pranzo sociale, una mostra o un convegno. Insomma la vita dell’anziano oggi è cambiata di molto: in meglio o in peggio non lo si può certamente dire proprio perché dipende dai punti di vista. Oggi esistono gli ospedali, gli ambulatori, le visite a domicilio ed il medico della mutua, le farmacie che ti danno tutte le medicine gratis ed in taluni casi anche l’assistenza domiciliare. Nei paesini del Cilento, cento anni fa, tutte queste cose non esistevano. I nonni fungevano anche da medici e veterinari, mentre la vicina di cascina poteva anche fungere da ostetrica, detta “mammana”. Un’altra figura caratteristica e più dannosa che utile, era la “mahara”, cioè la fattucchiera, che toglieva le fatture del malocchio. Ma quando queste fatture erano delle vere e proprie malattie (tetano, tifo, epatite, ecc.) il povero malato era quasi certo che se ne volava all’altro mondo. Forse era senza dubbio più efficace la medicina delle erbe la cui validità viene riconosciuta ancora ai nostri giorni. Amiamo gli anziani, cerchiamo di tenerli in casa vicini all’affetto dei propri cari. Un nonno che perde l’affetto dei nipoti e la loro presenza è un vecchio che non ha più nessuno scopo di vivere. Quindi si abbandona a se stesso, privo di interesse, e si spegne lentamente come una candela consumata prima del tempo dalla corrente d’aria che arriva dalla finestra aperta. “La civiltà di un popolo si misura dal rispetto verso gli anziani!” . E’ questa una frase che ho letto da qualche parte e che mi ha colpito molto. Quando ero un ragazzaccio, qualche volta anche io, assieme al “branco” di coetanei, negli anni ’50, cioè a pochi anni dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, ho preso in giro qualche anziano. Di questo, credetemi, me ne vergogno molto. Non perché sono un anziano anche io, ma perché ai miei tempi certe cose non te le insegnava nessuno. Quelli della mia generazione, nati sotto i bombardamenti, non hanno potuto avere un grande interesse da parte del padre e della madre perché erano occupati chi in guerra, chi a racimolare un tozzo di pane per sfamare noialtri allora bambini. Rispettateli gli anziani!!! Non perché un giorno lo diventerete pure voi, ma anche perché essi hanno vissuto, hanno sofferto, hanno fatto la storia.

Catello Nastro

(dalla rivista “Anni d’argento” 2007

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