sabato 18 maggio 2013

Un amore nobile


UN AMORE NOBILE

Tanti e tanti anni fa, nel regno di Stronzio, ad un ballo di corte, si incontrarono due giovani nobili, proprio come avveniva nelle favole. Quindi non pensate che Cappuccetto Rosso faccia parte della nostra storia fantastica proprio perché entrerebbe come i cavoli a merenda. Quindi se ne stava nella sua favola senza disturbare i protagonisti della presente trattazione, ovverossia il grande nobiluomo  Conte Antonio Rugazzo e la contessina Giuseppina Pellafina. L’orchestra già aveva iniziato il suo repertorio con un brano del famoso cantante napoletano Jonny Cagà in arte, ma nella vita Giuvanne Cacasotto che ogni tre canzoni mandava in onda la pubblicità perché doveva recarsi nel cesso. A quei tempi non c’era l’Imu, l’Iva e la tassa sugli ortaggi perché ognuno si faceva i cavoli suoi. Il conte, essendo nobile, doveva per forza di cose sposare una contessa nobile pure lei.  Il nonno del conte non voleva, ma siccome i nonni anche nel secolo scorso non contavano un cavolo, il ricorso al TAR non venne accettato per lo sciopero dei cancellieri. Ma prima di vivere felici e contenti, dovevano fare i conti con la recessione economica. Al posto dell’orchestra sinfonica  della RAI di Cicerale, chiamarono Jonny Guitar, in arte “Giuvanne cu’ ‘a chitarra”, che era economico a tal punto da suonare con una chitarra che aveva solo tre corde, naturalmente unte e consunte. Al pranzo nuziale  ordinarono pasta e fagioli in maniera tale da sostituire i fuochi d’artificio di mezzanotte e come vino andarono al Discount a comperare una cassa di vino in buste da un litro in offerta speciale:  compra una busta e ti diamo tutta la cassetta. Per fare bella figura andarono alla raccolta differenziata del vetro per una settimana di seguito a raccogliere le bottiglie di vino pregiato del ristorante a sei stelle più caro del paese e le tapparono con un tappo di legno ricavato da una vecchia mazza di scopa. Dopo la cerimonia nuziale a casa degli sposi giusto in tempo per abbuffarsi di pasta e fagioli ancora calda nella quale, fiore all’occhiello del pranzo, spiccava un pezzo di cotica di maiale d’allevamento. Finito il pranzo iniziarono le danze. Giuvanne cu’ a chitarra si diede da fare e le coppie continuarono a ballare fino a quando non ruppe una corda e Giovanni promise che l’avrebbe aggiustata in occasione delle nozze d’argento. Alla fine della festa ci furono i fuochi artificiali. I fagioli, almeno, erano buoni.

Clemente Demente

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