LA DEMOCRAZIA NON SI ACQUISTA AL SUPERMERCATO
“La peggiore delle democrazie è preferibile alla migliore delle dittature.” Questa frase non l’ho scritta io, ma l’ho letta da qualche parte che non ricordo. L’Italia, benché abbia festeggiato e sta ancora festeggiando l’Unità, nei 150 anni dalla fondazione, 1861 – 2011, assiste a processi di emancipazione nei paesi nordafricani, come l’ Egitto, la Tunisia, la Libia e…non finisce qui. La gente che scende in piazza, anche a scopo della vita, chiede solamente pane e libertà. E noi, anzi i nostri avi, ne sapevano qualcosa. Conquistare la libertà significa acquistare la democrazia, la dignità di un popolo e di ogni singola persona umana. Premettiamo che la libertà è un concetto universale, apartitico ed areligioso. Non esiste cioè una libertà musulmana, buddista o cristiana, ma una libertà e basta. I fondamentalismi rappresentano ancora oggi una serie minaccia non solo per la democrazia, ma anche per la pace nel mondo. L’episodio delle torri gemelle dovrebbe far riflettere molto su questo argomento. Meglio sta il mondo, meglio staremo pure noi. Certamente che alla base di ogni governo democratico ci devono essere elementi comuni, come la libertà di pensiero, di espressione, di stampa, di religione, di credo politico democratico sotto qualsiasi forma. Ricordiamo Pietro Nenni quando disse:” la politica è un’arte sperimentale”. L’evoluzione ( o involuzione politica) è figlia di un dibattito democratico che ha alla sua base la libertà di un popolo. Una libertà che significa dignità civica, collaborazione internazionale con i popoli del pianeta ancora sotto regimi dittatoriali. Personalmente ho conosciuto molti extracomunitari, sia per lavoro che all’Ufficio Immigrati il cui sportello si trovava nella sala di presidenza del Centro Sociale Polivalente della città di Agropoli, del quale sono vice presidente. Inoltre, nel 1968, conseguii anche un diploma di specializzazione didattica per l’insegnamento in Africa presso il Maschio Angioino di Napoli. Ho trovato in queste gente una profonda umanità, un rispetto per la dignità umana e per la persona. E quando ci fu un ultimo esempio di caporalato nei confronti di un bracciante agricolo extracomunitario che non volle pagare la tangente (quaranta euro al giorno: trenta a lui, dieci al caporale) feci sentire la mia voce e la mia opinione su un prestigioso quindicinale di Salerno ed alcuni siti internet coi quali collaboro da anni. Questi episodi sono sporadici, quasi annientati. Ricordiamo la figura del bracciante agricolo nell’800 italiano quando era quasi schiavizzato e sfruttato da personaggi scomparsi, fortunatamente, dalla scena sociale italiana. Come i caporali, i baroni, i latifondisti, i fattori, i massari, “li vuardiani”. Oggi i bravi di Don Rodrigo sono scomparsi…anche se hanno lasciato il posto a malavitosi organizzati. Questi personaggi, che potremmo definire a pieno merito parassiti, riempiono la cronaca dei giornali e gli schermi delle televisioni. Non parliamo di corruzione politica per non essere tacciati di parte. Ma passiamo alla conclusione di questo scritto. I fenomeni politici di ogni singolo paese diventano fenomeni di tutto il mondo. Anche noi dobbiamo collaborare, come collaborarono gli Stati Uniti verso la fine della Seconda Guerra Mondiale, a farci risorgere, conquistare la libertà, instaurare la democrazia, incentivare l’industria, portare l’Italia alla veneranda età di centocinquant’anni in condizioni, se non proprio ottimali, almeno di vivibilità medio-alta. Ora cerchiamo di dare agli altri quello che abbiamo avuto, come aiuto materiale, ma anche morale e strategico. L’Italia non è un’isola sperduta. Accetto il dialogo democratico non anonimo a: emal. catellonastro@gmail.com. (files word arial 12 in allegato con autorizzazione al confronto e alla diffusione)
Catello Nastro
DA “UNICO SETTIMANALE” DI PAESTUM N.09 DEL 12 MARZO 2011
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sabato 12 marzo 2011
lunedì 21 febbraio 2011
UNA VECCHIETTA CHE SI CIAMAVA ITALIA
UNA VECCHIETTA CHE
SI CHIAMAVA ITALIA
Quando nacqui, settanta anni fa,
al piano terra, nel vicolo Mantello,
della città delle terme stabiane
e dei maestosi, prolifici Cantieri,
mi si fece incontro, lentamente,
all’inizio della vita in questa terra,
una vecchietta di ottant’anni,
lacera, rugosa, col volto martoriato,
coi segni inconfondibili
della truce, iniqua e disumana guerra.
“ Sei capitato in un momento inopportuno,
tra gente armata fino ai denti,
che, come una squallida partita a carte,
devono decidere i vincitori ed i perdenti.
Ci saranno vedove, orfani, mutilati,
morti dissepolti dalla scoppio di granate,
donne vestite a lutto col volto triste e spento
rese sole da un odio antico in un momento.
Ti volevo portare almeno un tozzo di pane,
ma le mie ricerche sono risultate vane.
Un grande dono ti ho portato in quantità:
una sacchetto pieno di amore e d’Italiana Dignità.”
Catello Nastro
SI CHIAMAVA ITALIA
Quando nacqui, settanta anni fa,
al piano terra, nel vicolo Mantello,
della città delle terme stabiane
e dei maestosi, prolifici Cantieri,
mi si fece incontro, lentamente,
all’inizio della vita in questa terra,
una vecchietta di ottant’anni,
lacera, rugosa, col volto martoriato,
coi segni inconfondibili
della truce, iniqua e disumana guerra.
“ Sei capitato in un momento inopportuno,
tra gente armata fino ai denti,
che, come una squallida partita a carte,
devono decidere i vincitori ed i perdenti.
Ci saranno vedove, orfani, mutilati,
morti dissepolti dalla scoppio di granate,
donne vestite a lutto col volto triste e spento
rese sole da un odio antico in un momento.
Ti volevo portare almeno un tozzo di pane,
ma le mie ricerche sono risultate vane.
Un grande dono ti ho portato in quantità:
una sacchetto pieno di amore e d’Italiana Dignità.”
Catello Nastro
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