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sabato 19 maggio 2012

Politica o...quasi

SCARPA DESTRA E SINISTRA



La scarpe sono come i partiti politici. Ci sta la destra e la sinistra. Ma non si bisticciano mai, a meno che non mettono un piede il fallo. Non fallo di rigore, come nel calcio, che si tira pure con le scarpe appropriate, ma un fallo occasionale. Naturalmente sappia il lettore attento ed oculato ( ce ne sta uno solo, ma se lo incontro…) che il calcio di rigore si tira col piede e quindi con la scarpa destra, a meno che il giocatore di calcio non sia mancino e tira con la sinistra. Bisogna subito fare una netta distinzione politica tra destra e sinistra politica e scarpa destra e scarpa sinistra. “Fare le scarpe” a qualcuno, nella terminologia usuale significa truffare, defraudare, derubare qualcuno di un qualcosa, che può essere sia di ordine materiale che morale. A questo punto dovremmo fare una lunga casistica di truffe perpetrate nella maggior parte ai danni di cittadini che non se l’aspettano proprio. Togliere la pensione di quattrocento euro al mese ad un falso invalido è senza dubbio giusto. Ma togliere la pensione minima ad un invalido per un cavillo giuridico e per una perizia arrangiata è a mio avviso uno dei maggiori crimini. Ma ritorniamo alle scarpe. Sia la destra che la sinistra sono utili. Se uno va al lavoro solo con la scarpa destra ed un altro va al lavoro solo con la scarpa sinistra, non esiste una sostanziale differenza. In ambedue i casi il suddetto cammina claudicante e corre il rischio di mettere il piede in una cacca di cane. Se è quello provvisto di scarpa il danno è minore, ma se il piede è quello sprovvisto di scarpa, nella fattispecie nudo, il danno è senza dubbio maggiore. Pensate che nel capoluogo partenopeo per indicare la caduta in disgrazia di un tizio si esclama: “E’ gghiuto a fernì cu’ e piere dint’a mmerda!” Deve ricorrere ad una bacinella di acqua calda, o anche fredda se il fattaccio si verifica durante l’estate e ad una buona dose di sapone per estirpare la puzza che, caso mai, è già incorporata nel piede medesimo. A questo punto sempre il lettore attento ed oculato delle mie esternazioni senili si chiederà: ci sta differenza tra la sinistra e la destra? Certamente no. Quando un piede va a finire nella merda, non importa se sia a destra o a sinistra. La merda è sempre merda e puzza sia a destra che a sinistra. Portare le scarpe significa proteggere il piede ma non la scarpa. Fare le scarpe in politica, insomma, significa propiziare la messa del piede ( o di tutti e due) nella merda. Se il titolare di un’azienda qualsiasi, non importa se del nord o del sud, non importa se produce prodotti di bellezza o preservativi, non ha i soldi per pagare gli operai a fine mese perché qualcuno gli ha fatto le scarpe, e, vistosi sconfitto ed impotente di fronte ad un sistema senza dubbio iniquo, decide di porre fine alla sua esistenza terrena, dichiarando eterno forfait, cioè il fallimento dell’azienda perché è andato a finire coi piedi nella merda (politica, concorrenza sleale, usurai, banche esose e disoneste, sindacati, eccetera), significa che il sistema non funziona. Che al titolare di quella azienda hanno fatto le scarpe e non importa se la sinistra o la destra o magari tutte e due. Quando poi in queste vicende si intromette anche lo strozzinaggio, la mafia, la camorra o la ‘ndrangheta, l’opera è completa. A questo punto bisogna tirare in ballo anche l’apparato burocratico che non è provvisto di anima sensibile (dura lex sed lex) . “O paghi o ti chiudiamo!!!” In siffatto apparato burocratico il fallito fa la figura dello stronzo, la burocrazia ha applicato la legge. Ma quale legge??? Quella di un comma isolato e senza senso? Oppure quello di una profonda analisi di una situazione senza dubbio scabrosa? Qua ci sta gente che cammina scalza e gente che cammina con scarpe fatte di pelle umana. La pelle degli altri non ha valore. Offrire un’alternativa alle aziende in crisi potrebbe essere un significativo passa in avanti. Ma fare le scarpe ad un’azienda in crisi significa solo condannare un imprenditore probabilmente innocente, ma disgraziato. Permettere che alcuni camminano con scarpe di pelle umana ed altri vanno a piedi, magari guazzando nella merda, non è giusto, non è umano, non è cristiano. Perciò diamoci una regolata. Altrimenti ritorneremo alla barbarie.





Catello Nastro.



PUBBLICATO SUL N.19 DEL 19 MAGGIO 2012

DI “UNICO SETTIMANALE” DI PAESTUM

sabato 26 marzo 2011

ODORE O PUZZA DI RIVOLTA?

ODORE O PUZZA DI RIVOLTA
LA DEMOCRAZIA NON SI ACQUISTA AL SUPERMERCATO (secondo tempo)

La cronaca si aggiorna di minuto in minuto. La lotta tra la dittatura e la democrazia è oramai all’ordine del giorno. Ma la cosa terribile è il ricorso alle armi. Quando il supermercato si trova chiuso, bisogna ricorrere ad altri sistemi per “acquistare la democrazia”. Democrazia intesa non come accesso al supermercato per comperare il salmone, il caviale, o il filetto di vitello. Ma per comperare un chilo di pane in offerta speciale. Se delle persone umane, non importa di quale razza o di quale religione, sono disposte a pagare gli ultimi soldi che gli rimangono per tentare l’avventura in un paese straniero, di lingua diversa, di religione diversa, di costumi e leggi diverse, significa che al loro paese sentono la mancanza non solo della libertà e della democrazia, ma anche del lavoro e del frutto onesto del lavoro: il pane quotidiano sancito nella preghiera più bella dei cristiani il “Pater Noster”: “Dacci oggi il nostro pane quotidiano”. La dittatura è in netto contrasto con la democrazia. Il governo di uno solo, peraltro assolutista, non può confondersi col governo democratico, del popolo, in piena libertà di stampa, di parola, di opinione, di scelta politica. Non sono un politico e nemmeno un politicante, non mi sono mai venduto a questo o quel partito. Sono proprietario e redattore capo di un giornale che non esce da circa cinque anni perché non ho mai voluto accettare “contributi” da questo o quel partito. Il giornale o esce libero o non esce proprio. Se tutti facessero così ci sarebbe meno politicizzazione della politica. Perché io credo ancora nella politica ed ho sempre affermato, come i lettori potranno leggere nei miei scritti, che “ la peggiore delle democrazia è preferibile alla migliore delle dittatura”. Quando ci sta il dialogo politico i problemi si possono risolvere, anche se i mezzi di comunicazione alimentano il gossip quotidiano con programmi insulsi o deficienti. Gli avvenimenti recenti hanno dimostrato che gli organismi di controllo internazionali, hanno sancito interventi contro un regime che ha poca dimestichezza della democrazia, la libertà, il diritto ai beni di prima necessità, il sano contatto economico e culturale con altri stati di religione, di lingua, di razza e di costumi diversi: Ma la diversità globale, penso, e credo fermamente, non è alla base del dialogo. A questo punto il lettore poco attento ed approssimato potrebbe intervenire chiedendo: “ Allora profumo di guerra, o puzza di guerra???” La guerra non profuma mai, può anche puzzare per necessità. Una puzza poco gradevole, credetemi. Chi scrive è nato nel 1941 ed ha conosciuto varie volte il “rifugio”. Non lo auguro più a nessuno. Nemmeno ai nemici. Oggi sulla terra c’è pane per tutti. La solidarietà umana è il percorso iniziato, anche dallo scrivente, alcuni anni fa. E qui voglio riportare la frase di Madre Teresa di Calcutta: “ Il mondo ha più bisogno di amore che di pane…” Noi il nostro amore lo abbiamo dimostrato. Ora sembra giunta l’ora anche di mostrare i denti. La comunità internazionale lo chiede e noi non ci possiamo tirare indietro. I 150 anni dell’Italia iniziano un nuovo capitolo: quello della pace e, se non è possibile, quello della guerra. Ma, credetemi, con le lacrime agli occhi. Il “porgi l’altra guancia” l’ho praticato mille volte. Ma sparare sulla folla che chiede un tozzo di pane, nò: questo non lo tollero. Il discorso vale per tutti i governi ingiusti, dove esiste chi crepa di fame e chi crepa per aver mangiato troppo. Dividendo il cibo in parti (quasi) uguali, si può vivere tutti. E meglio! “Pace a tutti i popoli di buona volontà!!!”

Catello Nastro

Da UNICO SETTIMANALE di Paestum-Capaccio n.11 del 26.03.2011

sabato 12 marzo 2011

LA DEMOCRAZIA NON SI ACQUISTA AL SUPERMERCATO

LA DEMOCRAZIA NON SI ACQUISTA AL SUPERMERCATO

“La peggiore delle democrazie è preferibile alla migliore delle dittature.” Questa frase non l’ho scritta io, ma l’ho letta da qualche parte che non ricordo. L’Italia, benché abbia festeggiato e sta ancora festeggiando l’Unità, nei 150 anni dalla fondazione, 1861 – 2011, assiste a processi di emancipazione nei paesi nordafricani, come l’ Egitto, la Tunisia, la Libia e…non finisce qui. La gente che scende in piazza, anche a scopo della vita, chiede solamente pane e libertà. E noi, anzi i nostri avi, ne sapevano qualcosa. Conquistare la libertà significa acquistare la democrazia, la dignità di un popolo e di ogni singola persona umana. Premettiamo che la libertà è un concetto universale, apartitico ed areligioso. Non esiste cioè una libertà musulmana, buddista o cristiana, ma una libertà e basta. I fondamentalismi rappresentano ancora oggi una serie minaccia non solo per la democrazia, ma anche per la pace nel mondo. L’episodio delle torri gemelle dovrebbe far riflettere molto su questo argomento. Meglio sta il mondo, meglio staremo pure noi. Certamente che alla base di ogni governo democratico ci devono essere elementi comuni, come la libertà di pensiero, di espressione, di stampa, di religione, di credo politico democratico sotto qualsiasi forma. Ricordiamo Pietro Nenni quando disse:” la politica è un’arte sperimentale”. L’evoluzione ( o involuzione politica) è figlia di un dibattito democratico che ha alla sua base la libertà di un popolo. Una libertà che significa dignità civica, collaborazione internazionale con i popoli del pianeta ancora sotto regimi dittatoriali. Personalmente ho conosciuto molti extracomunitari, sia per lavoro che all’Ufficio Immigrati il cui sportello si trovava nella sala di presidenza del Centro Sociale Polivalente della città di Agropoli, del quale sono vice presidente. Inoltre, nel 1968, conseguii anche un diploma di specializzazione didattica per l’insegnamento in Africa presso il Maschio Angioino di Napoli. Ho trovato in queste gente una profonda umanità, un rispetto per la dignità umana e per la persona. E quando ci fu un ultimo esempio di caporalato nei confronti di un bracciante agricolo extracomunitario che non volle pagare la tangente (quaranta euro al giorno: trenta a lui, dieci al caporale) feci sentire la mia voce e la mia opinione su un prestigioso quindicinale di Salerno ed alcuni siti internet coi quali collaboro da anni. Questi episodi sono sporadici, quasi annientati. Ricordiamo la figura del bracciante agricolo nell’800 italiano quando era quasi schiavizzato e sfruttato da personaggi scomparsi, fortunatamente, dalla scena sociale italiana. Come i caporali, i baroni, i latifondisti, i fattori, i massari, “li vuardiani”. Oggi i bravi di Don Rodrigo sono scomparsi…anche se hanno lasciato il posto a malavitosi organizzati. Questi personaggi, che potremmo definire a pieno merito parassiti, riempiono la cronaca dei giornali e gli schermi delle televisioni. Non parliamo di corruzione politica per non essere tacciati di parte. Ma passiamo alla conclusione di questo scritto. I fenomeni politici di ogni singolo paese diventano fenomeni di tutto il mondo. Anche noi dobbiamo collaborare, come collaborarono gli Stati Uniti verso la fine della Seconda Guerra Mondiale, a farci risorgere, conquistare la libertà, instaurare la democrazia, incentivare l’industria, portare l’Italia alla veneranda età di centocinquant’anni in condizioni, se non proprio ottimali, almeno di vivibilità medio-alta. Ora cerchiamo di dare agli altri quello che abbiamo avuto, come aiuto materiale, ma anche morale e strategico. L’Italia non è un’isola sperduta. Accetto il dialogo democratico non anonimo a: emal. catellonastro@gmail.com. (files word arial 12 in allegato con autorizzazione al confronto e alla diffusione)

Catello Nastro

DA “UNICO SETTIMANALE” DI PAESTUM N.09 DEL 12 MARZO 2011