UN VIAGGIO NEL PASSATO
Arrivati oramai alla soglia di settanta anni, peraltro vissuti intensamente, con interessi molteplici, si ha molto da raccontare. E Catello Nastro, giunto al suo 41° libro, anche se breve e coinciso, come d’altro canto almeno l’80% della sua produzione letteraria, ci narra delle vicende e delle esperienze vissute negli anni ’50 e ’60, in quel di San Marco di Agropoli, ancora non invasa dalla speculazione edilizia. Gli “Antichi mestieri del Cilento scomparsi” fanno oramai parte della nostra storia e della nostra cultura. Non esiste niente di più bello, per uno scrittore, che narrare delle vicende vissute o di avvenimenti dei quali è stato testimone. D’altro canto anche le più antiche vestigia del passato ci vengono tramandate dagli scrittori o dagli artisti in genere. La cultura in genere, ha contribuito a fare da collante tra un epoca e l’altra, le guerre, al contrario, hanno sempre costituito gli intervalli, più o meno disastrosi, per fare svoltare pagina alla storia. Più in senso negativo che positivo. Ancora una volta Catello Nastro, con questa sua opera, anche se di piccole dimensioni, ci presenta uno spaccato della vita e del mondo contadino della prima metà del secolo scorso toccando anche i primi due decenni. Giustamente egli si definisce uno “scrittore popolare”, prima perché viene dal popolo, secondo perché non si è mai definito uno storico, terzo perché ama la vita semplice e senza troppe complicazioni. Vederlo in giacca, camicia e cravatta, anche durante grossi eventi culturali, è alquanto difficile. Quello che colpisce, in questo suo quarantunesimo lavoro, è anche la sintesi dei concetti e la semplicità del linguaggio. Ma l’elemento più importante, è, a mio avviso, il messaggio educativo, che egli, vecchio professore in pensione, vuole lasciare ai giovani: conoscere il passato per vivere meglio il presente e progettare con coraggio il futuro. Sarà il suo un sassolino buttato nel mare, ma tanti sassolini possono anche creare un promontorio, una isola, una insenatura, un luogo di attracco e di ormeggio per giovani che spesso perdono la bussola in vista dei troppi orientamenti e della carenza di basi di lancio… In conclusione, ancora un libro per i giovani, affinché imparino come vivevano i loro nonni ed i loro bisnonni, come si sacrificavano per il lavoro e per la famiglia e per la casetta che li ospitava. Un vecchio professore può anche diventare un educatore permanente.
Renato Volpi
giovedì 25 novembre 2010
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