Dal concerto di Peppe Cirillo ad Agropoli
L’EVOLUZIONE DEL CILENTO E DEI CILENTANI
Non avevo mai assistito ad un concerto dal vivo di Peppe Cirillo e della sua band. Un complesso di una dozzina di artisti alla chitarra battente, alla chitarra classica, alla fisarmonica, al banjo, alle tammorre di vario genere, al violino, alle percussioni, ai cantanti ed alle ballerine. Un bravo meritato per tutti, anche se non tutti cilentani doc. Ma la musica è e rende universali. Quello che più mi ha colpito, di questo concerto, è stata la rielaborazione in chiave moderna di vecchi canti cilentani artisticamente modificati senza nulla togliere alla propria originalità. Ed a questo punto mi sia concesso di aprire una breve parentesi, di di carattere artistico, ma addirittura sociale. Le tradizioni fanno parte della nostra storia passata. La musica tradizionale, quindi, anche se rielaborata, anche con strumenti tecnologicamente aggiornati, è pur sempre rappresentazione della nostra tradizione musicale. A tale proposito mi sia consentito citare il mio ultimo libro (Catello Nastro – Poesie cilentane – edito dalla Libera Università Internazionale di Arte, Lettere, Musica e Storia, onlus, del Cilento e del Vallo di Diano, 2009) che tra l’altro, ha conseguito il primo premio “Il Saggio” di Eboli, 2010, primo classificato su 151 opere presentate con 180 voti su 180, presenta delle antiche poesie cilentane in gran parte rielaborante nella forma ed in parte anche nel contenuto. Così come è avvenuto per la poesia e la letteratura in genere, anche il canto cilentano ha subito questo processo, senza però perdere la sua primitiva origine di “canto d’amore e di sdegno”. Beppe Cirillo quindi, ha avuto il grande merito, frutto anche di un grande coraggio, di presentarsi ad un pubblico di varia estrazione ed imporsi, come ha dimostrato il concerto ad Agropoli, come un Artista con la A maiuscola. Bravissimi tutti i componenti della band che sono riusciti a raccogliere unanimi consensi dal folto pubblico presente nella principale piazza della cittadina capoluogo del Cilento, nella quale figuravano anche molti stranieri. Diciamo che non sempre il testo è stato recepito, ma la maggior parte degli astanti ha seguito l’insieme del concerto che ha assunto un aspetto corale ben degno di figurare sui grandi palcoscenici delle metropoli. L’evoluzione di un popolo, cilentano, come di qualsiasi altra parte del mondo, abbraccia tutti gli aspetti del vivere civile. Dalla tecnologia al turismo, dal lavoro alla solidarietà, dall’enogastronomia alla ricezione turistico-alberghiera. Canti d’amore e di sdegno, dicevo, ma anche canti sociali e religiosi riportati con un ritmo incessante proprio a dimostrare la continuità e la forza creativa del popolo cilentano, anche se fortemente integrato, in questi ultimi anni, con razze di mezzo mondo. Il ritmo è stato il grande protagonista del concerto. Il fatto che i componenti del gruppo non sono tutti cilentani, sta a dimostrare quanto sopra asserito. L’universalità della musica è poliedrica. La chitarra a battente e le tammorre hanno lavorato alla grande e le ballerine hanno completato le vecchie ballate del territorio con volteggi piacevoli ed aggraziati. Un complimento va anche all’amministrazione comunale che ha riservato questo spazio, anche se senza posti a sedere, per un complesso musicale che onora il Cilento in Italia e nel mondo.
Catello Nastro
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