L’attualità del libro di Elisa Sala Borin
“ MARIA VOLEVA LE ALI”
Quando la prosa diventa poesia
Edito da Piazza, di Silea, in provincia di Treviso, sedicesimo volume della Collana “I Noni”, in elegante veste editoriale, autrice Elisa Sala Borin, una mia coetanea del nord – est della penisola, si appropria, per alcuni giorni e lunghe serate, della mia scrivania. Premetto di non essere un grande scrittore e…nemmeno un grande lettore. Negli ultimi anni sono passati al vaglio oltre cento volumi, ma dopo appena una diecina di pagine l’abbandono. L’oblio completo atto solo ad aumentare l’enorme pila di volumi e volumetti nei quali la banalità faceva da sovrana. Le letture che ho portato a termine, quindi, meno di dieci. Tra questi, l’ultimo in ordine di tempo, divorato attentamente fino a pagina 172, l’ultima, “Maria voleva le ali” di Elisa Sala Borin, di Treviso. I protagonisti, anzi i personaggi, non sono eroi, ma gente comune, che vive un periodo triste ( il primo ventennio del secolo scorso) in un paese di frontiera a tu per tu coi nemici austriaci. Le vicende si intrecciano, durante la narrazione, e si intersecano alimentandosi a vicenda, pur mantenendo una propria personalità descrittiva ben definita. Il narrare dell’autrice è scorrevole, fluido, esente da fronzoli riempitivi, pur intrattenendosi nella descrizione dei luoghi a lei noti, vissuti in vari decenni e quindi partecipando alla vita attiva ed all’evoluzione del pensiero e della gestione della routine quotidiana. Le vicende oggetto di richiami frequenti, sono quelle familiari, dei ricordi, delle “radici”, come si ama definirle oggi. Una descrizione di una o due generazioni precedenti, delle quali si evidenziano, nella descrizione minuziosa ed attenta, non solo aspetti fisici, ma stati d’animo, contatti sociali ed affettivi ognuno dei quali vive la sua storia in maniera autonoma ed indipendente proiettata in una società diversa, evoluta o involuta che dir si voglia. Ma quello che più colpisce il lettore, non solo è la descrizione del paesaggio e degli eventi, luttuosi essendo in periodo e zona bellica di confine, ma gli stati d’animo della gente comune, nella maggior parte analfabeta. E proprio a questo punto viene fuori la validità della penna di Elisa Sala Borin nel descrivere passioni gestite in maniera normale, ma descritte in maniera così delicata da assurgere a poesia. Storia, geografia, economia, psicologia, sociologia si ingigantiscono in un discorso più ampio di carattere interdisciplinare e pluridisciplinare in maniera da consigliare il libro come testo di narrativa nelle scuole medie, al nord come al sud dell’Italia, a dimostrazione di differenze che, attraverso la conoscenza, si integrano e si arricchiscono. La donna, in questo libro, a mio modesto avviso, non è la protagonista del cambiamento, ma l’interprete semplice e genuina di una evoluzione sociale femminile che porterà la lunga gonna radente il suolo ad essere sostituita dalla “bisnonna” della minigonna tanto cara agli anni ’30. Un libro da leggere attentamente, da analizzare e da consigliare anche ai giovanissimi proprio perché non sfocia mai nella volgarità, nella banalità, nella descrizione avulsa dal contenuto, nella mistificazione della storia.
Catello Nastro
“ MARIA VOLEVA LE ALI”
Quando la prosa diventa poesia
Edito da Piazza, di Silea, in provincia di Treviso, sedicesimo volume della Collana “I Noni”, in elegante veste editoriale, autrice Elisa Sala Borin, una mia coetanea del nord – est della penisola, si appropria, per alcuni giorni e lunghe serate, della mia scrivania. Premetto di non essere un grande scrittore e…nemmeno un grande lettore. Negli ultimi anni sono passati al vaglio oltre cento volumi, ma dopo appena una diecina di pagine l’abbandono. L’oblio completo atto solo ad aumentare l’enorme pila di volumi e volumetti nei quali la banalità faceva da sovrana. Le letture che ho portato a termine, quindi, meno di dieci. Tra questi, l’ultimo in ordine di tempo, divorato attentamente fino a pagina 172, l’ultima, “Maria voleva le ali” di Elisa Sala Borin, di Treviso. I protagonisti, anzi i personaggi, non sono eroi, ma gente comune, che vive un periodo triste ( il primo ventennio del secolo scorso) in un paese di frontiera a tu per tu coi nemici austriaci. Le vicende si intrecciano, durante la narrazione, e si intersecano alimentandosi a vicenda, pur mantenendo una propria personalità descrittiva ben definita. Il narrare dell’autrice è scorrevole, fluido, esente da fronzoli riempitivi, pur intrattenendosi nella descrizione dei luoghi a lei noti, vissuti in vari decenni e quindi partecipando alla vita attiva ed all’evoluzione del pensiero e della gestione della routine quotidiana. Le vicende oggetto di richiami frequenti, sono quelle familiari, dei ricordi, delle “radici”, come si ama definirle oggi. Una descrizione di una o due generazioni precedenti, delle quali si evidenziano, nella descrizione minuziosa ed attenta, non solo aspetti fisici, ma stati d’animo, contatti sociali ed affettivi ognuno dei quali vive la sua storia in maniera autonoma ed indipendente proiettata in una società diversa, evoluta o involuta che dir si voglia. Ma quello che più colpisce il lettore, non solo è la descrizione del paesaggio e degli eventi, luttuosi essendo in periodo e zona bellica di confine, ma gli stati d’animo della gente comune, nella maggior parte analfabeta. E proprio a questo punto viene fuori la validità della penna di Elisa Sala Borin nel descrivere passioni gestite in maniera normale, ma descritte in maniera così delicata da assurgere a poesia. Storia, geografia, economia, psicologia, sociologia si ingigantiscono in un discorso più ampio di carattere interdisciplinare e pluridisciplinare in maniera da consigliare il libro come testo di narrativa nelle scuole medie, al nord come al sud dell’Italia, a dimostrazione di differenze che, attraverso la conoscenza, si integrano e si arricchiscono. La donna, in questo libro, a mio modesto avviso, non è la protagonista del cambiamento, ma l’interprete semplice e genuina di una evoluzione sociale femminile che porterà la lunga gonna radente il suolo ad essere sostituita dalla “bisnonna” della minigonna tanto cara agli anni ’30. Un libro da leggere attentamente, da analizzare e da consigliare anche ai giovanissimi proprio perché non sfocia mai nella volgarità, nella banalità, nella descrizione avulsa dal contenuto, nella mistificazione della storia.
Catello Nastro
Nessun commento:
Posta un commento